Cenni Storici
La costruzione del castello, che diverrà Castel Bolognese quando attorno gli si formerà un borgo, fu iniziata il 23 aprile 1388.
Lo storico padre Serafino Gaddoni, a cui ci affidiamo in questo studio, ha visto e ne cita i documenti. L'iniziativa partiva da Bologna, con l'intento di difendere militarmente il dominio bolognese di Imola e territorio. Per questo il nuovo castello era a ridosso della via Emilia e ben munito di mura, fossato all'intorno, con tanto di torre e di rocca.
Nel 1496 borgo e castello erano ormai un tutt'uno, anch'esso circondato di mura e di fossa. Successivi sviluppi formeranno un nuovo borgo, sempre con il beneplacito di Bologna per oltre quattro secoli. Una cosa stupisce in questo periodo: la religiosità intensamente sentita e vissuta dalla sua gente e testimoniata dal numero delle chiese e dalle attività religiose, in rapporto all'esigua popolazione: certamente inferiore alla 1000 anime, se nel 1574 era di 1200. Ecco le chiese: San Petronio (1396), Santa Maria della Misericordia (1396) chiesa e ospedale, Santa Lucia (1412) che si chiamerà San Francesco e accoglierà il convento dei frati minori conventuali nel 1447, Oratorio Croce Coperta dei Griffoni (1397), Santa Croce (metà sec. xv) della Società dei Crocisignati, Rosario Vecchio (metà 1400): due chiese presto scomparse per lasciare il posto a Rosario Nuovo (1462) a cui fa capo la Confraternita della SS. Annunziata.
Con le prime case sorte fuori dal castello viene eretta la piccola chiesa di Santa Maria della Misericordia e accanto a lei dovrà nascere l'ospedale di S. Maria "de Castro Bolognesio" o "de Misericordia". Padre Pasio, di mastro Trentino da Forlì, del terz'ordine di S. Francesco, era il rettore, uomo di grande coraggio ma senza soldi, né per il proprio mantenimento e tanto meno per il costruendo ospedale.
Che fare? Il frate ricorse ai fabbricieri di San Petronio perché raccomandassero una sua richiesta agli Anziani di Bologna per ottenere il permesso di questuare in tutto il territorio bolognese. Così andava sfruttato il legame di interessi fra Bologna e Castel Bolognese, di cui sopra. Alle autorità bolognesi non veniva a costar nulla, mentre alla carità dei buoni cristiani e all'abilità... professionale del frate mendicante si offriva l'occasione di acquistare un merito. Nonché un ospedale!
Il 23 febbraio 1396 padre Pasio ottiene da Bologna il permesso di "andare liberamente e impunemente e di chiedere elemosine per tutto il nostro territorio bolognese e impiegare tutto il ricavato nella costruzione di detto ospedale e a sostegno della propria vita...." Tutto andò così bene che di lì a poco tempo l'ospedale era in costruzione.
Per la verità non sappiamo se il merito sia da attribuire al frate, ai fabbricieri di San Petronio, ad altre persone che caldeggiavano l'iniziativa o, forse, un po' a tutti. Fatto sta che appena sorge l'ospedale appare la Società (o Compagnia o Confraternita) di S. Maria della Misericordia che è, nientemeno, "patrona e reggitrice dell'ospedale".
Il luogo è riconoscibile ancor oggi per i tre archi nel portico antistante, sulla via Emilia, a sinistra per chi viene da Imola, di fronte al Palazzo Ginnasi.
La Compagnia "patrona e reggitrice" regge e gestisce così bene l'ospedale che le vengono affidati generosi legati e donazioni: documentati, quelli del 1413,1422,1424,1428,1449,1451,1456, ecc.
Così per la generosità delle offerte e per l'oculata gestione amministrativa, chiesa e ospedale non ebbero problemi economici. Conobbero anzi una "floridezza non comune," come attestano gli inventari del 1537, 1612,1698,1740,....
Nel 1564 i confratelli erano 120, su una popolazione di 1200 anime. Per arginare in qualche modo il flusso delle iscrizioni alla Confraternita, il 29 marzo 1526, in una riforma dello statuto si decideva di escludere "ogni persona di non buona fama".
Si può pensare che accanto a persone umili ci fossero molti maggiorenti del paese e uomini di grande religiosità. Proprio perché non bastavano il buon nome, le competenze amministrative, lo spirito umanitario, ma occorrevano fede e carità profonda, i Confratelli, oltre ad ascoltare Messa nei giorni festivi, si radunavano in un loro oratorio privato per recitare l'ufficio della Beata Vergine.
L'ospedale fino al 1600 era a fianco della chiesa, poi, per guadagnare spazio, si costruì nel retro della chiesa stessa. Era costituito da due cameroni, uno per gli uomini, uno per le donne. A parte c'era un locale: "hospitale per alloggiare i poveri pellegrini".
Tutto era affidato alle cure ordinarie dello "spedalingo" e di sua moglie, mentre l'assistenza religiosa e la chiesa erano assegnate ad un cappellano: tre persone retribuite dalla Confraternita.
A lungo andare risultò che l'impegno economico di maggior peso era costituito dall'edificio-chiesa. Agli inizi si trattava di una piccola cappella, trasformata nel tempo in chiesa monumentale, ricca di opere d'arte. Risulta dagli inventari del 1537, 1612, 1698,1740 e dai contratti e fatture per l'inizio e la consegna di lavori ordinati per ampliare e impreziosire la chiesa. Statue piccole e grandi a non finire, affreschi, arredi, nuovi altari. Gli artisti sono i migliori della zona. Le statue, conservate oggi in San Petronio, sono del ferrarese Alfonso Lombardi, i lavori in legno del bolognese Ottavio Toselli, le pitture del castellano Antonio Locatelli e del faentino Ferrau Fenzoni, autore di una magnifica Natività della Vergine, oggi in San Francesco. Il grande architetto imolese: Cosimo Morelli rinnovò il corpo della Chiesa nel 1774. Una meraviglia, degna di sostituire l'arcipretale di San Petronio, dal 1783 al 1788, anni della sua ricostruzione, e la chiesa di San Francesco dal 1861 al 1865, anni del rifacimento della sua cupola.
La chiesa aveva un suo piccolo campanile con due campane, l'organo posto sopra il portico in una vasta cantoria, affreschi più che dignitosi nella volta, nella cupoletta e sulle pareti, in modo che poteva dirsi "tutta affrescata". I soggetti ricorrenti riguardavano la vita della Beata Vergine, oltre i misteri del Rosario. I decori erano in gesso dorato; nove vetrate permettevano ai giochi di luce di valorizzare il tutto. Nel corso dei secoli la chiesa subì molte variazioni, come quella più notevole dell'architetto Ottavio Toselli (1750-1753) e fu completata dal Morelli (1774).
In tanta prosperità e fervore d'opere, la Confraternita subì una mazzata: il 3 luglio 1798, in seguito alla calata di Napoleone in Italia e all'occupazione di tutta l'Emilia-Romagna la Confraternita della Misericordia venne soppressa dal governo repubblicano francese, mentre la chiesa, inspiegabilmente, rimaneva aperta al culto. Nello stesso anno, l'ospedale veniva trasferito nel convento di San Francesco e si progettava un nuovo ospedale, all'avanguardia per quei tempi, che venne inaugurato nel 1813. Quando, dopo la caduta di Napoleone, il 31 maggio 1817 la Confraternita venne ripristinata, il cardinale Rusconi, vescovo di Imola, le assegnò l'amministrazione interna ed esterna del nuovo ospedale.
Gli atti ufficiali e il regolamento indirizzati alla "Congregazione" della Confraternita portano la data 9 dicembre 1818.
Era risorta, ma ebbe vita breve. Nel 1859 un governo "patrio" la soppresse e l'espropriò, sostituendola nei suoi compiti con una Commissione Municipale e quindi con la Congregazione di Carità.
La Chiesa di S. Maria della Misericordia sembrò votata alla rovina. Le statue, dopo un diluvio di richieste e di proteste, sono trasferite a San Petronio, le due campane vendute in un'asta pubblica; un patrimonio artistico costituito per gran parte da preziosi arredi sacri ed argenteria pregevole anche per antichità, un piviale gloria del paese con l'immagine della Madonna a figure dipinte (1683): il tutto valutato in L. 4875,55 ma svendute agli ebrei di Lugo a un prezzo irrisorio. Il Gaddoni accusa severamente "i governi settari di allora e che vennero poi, i quali malamente vendettero e sperperarono.... un patrimonio artistico di valore inestimabile". La chiesa "sebbene sia elencata tra i monumenti regionali aventi un valore storico artistico, è lasciata in completo abbandono". Una deplorazione reiterata recentemente nella tesi di laurea dell'arch. Paola Malucelli di Castel Bolognese. Ora qualcosa si è mosso e c'è speranza di salvare il salvabile. Aggiungeva motivo di amarezza il pensiero dei tanti sepolcreti esposti a profanazione in cui riposano tanti confratelli, meritevoli di ben altra venerazione.
Ricordiamolo: la Misericordia non si occupava solo di problemi sanitari, e sarebbe già molto; ma assisteva i pellegrini, aiutava i poveri, riceveva gli "esposti" che venivano portati al baliatico di Faenza o di Imola, si occupava di tutti i problemi riguardanti il paese. Era così nota la premura della Compagnia nell'assegnare la dote alle ragazze povere che il 9 agosto 1643 la contessina Caterina Ginnasi, nipote ed erede del cardinale Domenico, legava alla Confraternita 3000 scudi perché coi frutti "si dotassero ogni anno quattro fanciulle povere dando ad ognuna 25 scudi".
Un altro problema del paese era la presenza dei religiosi: la Confraternita, già impegnata ad ospitare i frati conventuali, poi i Cappuccini, sente l'utilità di un convento di suore.
Nel 1560 progetta la costruzione di un monastero femminile e stanzia "250 lire a favore del medesimo da erogarsi in 50 lire annue a cominciare dal giorno in cui si fosse iniziata la fabbrica". Penserà il cardinale Domenico Ginnasi a realizzare questo progetto.
La Confraternita si distingue per la sua Devozione a Maria S.S.. In conformità all'iconografia del tempo si amava raffigurare la Vergine che, col suo manto, protegge i confratelli nelle loro vesti candide. Una di queste immagini si conserva ancora oggi in una corsia dell'ex ospedale civile castellano. Non vanta nessun pregio artistico, ma ha una sua eloquenza che ognuno può captare; é auspicabile che, in primis, siano i confratelli della Misericordia di Castel Bolognese. |